Esagero un po'.. Date: thu, 7 Se 2004 dopo aver letto la solita mail, di quello che con un barchino di 27 piedi canta credendo di aver navigato un forza 8, proviamo a scrivere di sensazioni......
Lontano, molto lontano, una striscia nera separa netta la terra dal cielo. Poi sopra di essa, non definiti si alzano sfumacchi grigiasti. Evapora il grigiore e mentre pece si allarga sempre più nera più vicino a noi sulla linea centrale dell'orrizonte, il fumo scuro su di essa cerca aria intorno a se. Il temporale è esteso e veloce, poco tempo dalla linea fino al crescere dell'incudine ora più vicina che sale, sale e si nasconde sopra a cumuli sempre più pesanti a formare un secondo strato di cupe viscere in movimento. L'aria corre verso l'alto e, non abbassandosi di temperatura come dovrebbe, trattiene energia in se e quindi sale ancora e accellera. Si fredderà là, molto più in alto, in ghiaccio sposato alle polveri e alle sospensioni atmosferiche. SBRATT...... il primo lampo che scende fulminante vena d'energia il bruno sotto le nubi e sbatte violentemente, alona l'acqua. Ci si caga adosso, certo ci si caga adosso, ogni volta che il fulmine si fa vedere, senza ripari e tetti, si pensa..."Eh mo!?". Tutto è risucchiato nel vortice sotto quell'ombrello nero anche la nostra anima, l'impavido attende, il pavido vorrebbe essere altrove. SBRATT .......di nuovo, molto più vicino e il vento cambia di colpo, poi ricambia e poi .....comincia a menare. La barca ha due fazzolletti sull'abero e sullo strallo, non accetta l'impotenza contro quel mostro e deve essere viva per fuggire, per resistere e saggiare come sarà il mare. Mare che cresce in fretta e sbigottisce gli uomini che vivono quella piccola porzione di microcosmo incazzato. Spuma la cresta, il vento la dilania, si infiamma e si alza in fumo, il mare prende sapore nelle fauci mentre si respira acqua e si spera in un altro spruzzo a fermare il gelo dell'acqua che si asciuga sulla pelle. Ogni spruzzonuova fa sentire il suo calore ed evoca la rassicurazione materna. SBRATT..... ora è qui, sopra e intorno a noi è un ribollire di energia, la stessa energia che ha forgiato le scogliere della Bretagna, ha trasportato le pianure a colmare i vuoti sulla terra ferma e noi qui come batteri nelle umide pieghe dell'epidermide del pianeta, a soppravivvere. La barca galeggia, Dio vuole che questo valga sempre per ciò che è più leggero dell'acqua e le nostre essenze divengono ancora più leggere per sostenersi sulla paura. La luce è ormai tutta divorata dalla bestia che incombe e per nulla spaventata sposta la testa in qua e in là cercandone altra. Lo senti dal suo alito che ora a destra e ora a sinistra gira in raffiche violente, senza che noi si capisca da che parte giunga esattamente. Sui marosi lo stomaco sale, scende e si imbarda nel petto e ad ogni variazione il cuore accellera o si ferma aspettando chissa cosa. Mentre il corpo esperto opera, con precisione e controllo, l'anima è messa in stand by. Ululati di cani straziati sbattuti contro l'albero offendono le orecchie e formano un muro attraverso il quale nessun altro suono permea fino al timpano, si distrae, solo a tratti, nel galoppo della gradine in coperta. Si resta soli con se stessi, doloranti per spilli e bacchettate, in un luogo denso di energia vitale che ossigena il mondo ma in cui qualunque essere è trasparente alla strategia che la guida. Il tempo passa, si conta nei respiri e nei sospiri ma rassicura che esista la certezza di un termine. Così finalmente piove, piove denso e mentre mille veli scendono i latrati del vento si allontanano noi ci guardiamo e continuiamo ad agire con l'istinto e l'esperienza, mentre il cuore si placa sempre più ad ogni frangente che ci riscalda sui bordi. Il vento non sferza più, resta teso ma le onde sono pettinate tutte nella stessa direzione, ora la barca può andare, sarà lunga, dura, ma la strada ora è diritta. Mentre si dissolve la bufera in piovasco la luce torna, si ricompone come il branco dei pescetti quando il predatore si allontana. Scalda dal cielo un sole che comunque non si è mai spostato da lì, se non quel tanto a dimostrare la nostra lenta scala del tempo in cui nel sorso che il pianeta distratto ha ingoiato in un attimo noi siamo riamasti lì, non visti, sul bordo del bicchiere.
Mauro |