Se dai profili dipende quanto in avanti o lateralmente sia la risultante di forze applicata al centro velico, dal velista dipende la loro incidenza, che verrà regolata usando come strumenti indicatori i filetti segnavento delle vele.
Quando andiamo di bolina, al traverso o al lasco stretto, (andature in regime laminare), i filetti che abbiamo sulla vela, vanno portati stesi, il fiocco e la randa vanno orientai secondo la loro indicazione, ma in quanto al resto, drizze, volanti, paterazzo ecc. , come vanno, cazzati,, lascati …. e quanto??
Nelle andature in cui non ci si può affidare ai filetti, come ci regoleremo??
Le manovre e le regolazioni devono quindi essere usate non solo per dare un angolazione alle vele nel vento, (una diversa per ogni orientamento della prua), ma soprattutto per controllare la profondità dei profili,del , l’apertura della balumina, la flessione dell’albero, controllando anche l’eventuale beccheggio o sbandamento dello scafo.
Vediamo di seguito le manovre che ci consentono di fare questo e, vedremo poi, come si usano.
Le drizze:
certamente servono ad issare le vele, ma la loro tensione agisce sulla distanza del grasso dall’albero nel caso della randa e dallo strallo nel caso della vela di prua.
Più si cazza in drizza, e più la vela diventa ricca di tessuto vicino all’albero, in quanto la trama e l’ordito si dispongono a forma di rombi spostando tessuto verso la ralinga in tensione, ciò accade minimamente anche nelle vele di tipo nuovo, pur non avendo particolari deformazioni della trama.
Se la tensione diventa eccessiva si verificano delle pieghe verticali attaccate all’albero o allo strallo, che generano un rifiuto inevitabile del vento.
Queste “canne” indicano che la drizza è troppo cazzata, che la pressione del vento non è sufficiente a stendere il profilo, quindi significa che siamo sicuramente al di fuori delle forme volute dal velaio.
Se la drizza è poco tesa, verificheremo invece il formarsi di pieghe, vicino all’albero, orientate verso la bugna, in questo caso il grasso si sposterà più a poppa, non ci sarà più rifiuto al vento, i filetti rimarranno più stabili, ma la vela non sarà della forma giusta.
Quello che conta è sapere a quale distanza dall’albero il velaio ha deciso di mettere il grasso.
Solitamente, per un buon rendimento, il grasso si deve trovare tra un 35 e un 50% dall’albero, quindi la nostra drizza dovrà tesarsi fino al raggiungimento di questo scopo, senza ne pieghe verticali, ne pieghe oblique.
Naturalmente queste indicazioni si riferiscono ad una vela nuova o ben mantenuta.
Le scotte:
regolano l’incidenza della vela al vento, in combinazione con altre manovre possono anche lavorare sulla distribuzione del grasso su tutta la superficie della vela, (ad esempio insieme l trasto o il Vang).
In linea di principio la scotta di una vela va regolata fino a che i filetti si distendano indicando un incideza del profilo alare nei termini di laminarità e al difuori dello stallo.
Il Cunningham:
agisce come la drizza, dalla parte opposta, tesando la ralinga permette di spostare tessuto in avanti e controlla la posizione del grasso.
Serve soprattutto nelle imbarcazioni in cui, per motivi di stazza o di armo, diventa impossibile o difficoltoso il movimento della penna della randa, tramite la drizza.
Se osserviamo alcune imbarcazioni da regata, vedremo che in prossimità della testa, l’albero hanno un riferimento, una linea trasversale o un nastro. Questo è la “misura di stazza”, (cioè il punto massimo che prevede il regolamento per quella barca), oltre il quale la penna non può andare. Così se per sfruttare la massima superficie velica si arriva a quel punto, per tesare la ralinga senza oltrepassarlo, dovremo utilizzare un cunningham.
Il Tesabase:
questa regolazione ci permette di amministrare la quantità del grasso, accorciando o allungando la corda del profilo. Questo consente alla vela di arrotondarsi più o meno.
Di regola, il tesabase sarà tanto più cazzato quanto più crescerà l’apparente, e tanto meno quanto più poggeremo.
In andatura laminare di bolina con un armo a sloop, se la randa è troppo grassa, ce ne accorgiamo perché tende a pungere, e rifiuta l’aria all’ingresso del profilo. O si smagrisce la randa o si lasca il genova.
Parlando del tesabase bisogna considerare che se il grasso della randa è troppo avanti o la stessa è tagliata grassa da progetto, a nulla vale tesare questa manovra, in quanto la vela potrà pungere ugualmente,(pungere significa rifiutare).
Dovremo quindi considerare anche la tensione della drizza prima di mettere mano ad altre regolazioni.
Se la base è troppo cazzata, un indicazione ci potrebbe venire dal rifiuto dei filetti sulla balumina che cadrebbero sottovento e si attaccherebbero alla vela, come nel caso in cui si cazzi troppo la scotta di randa.
Al lasco, la base deve venire lascata, in quanto il suo profilo deve continuare a seguire quello del genova che lascato acquisisce un forma più grassa.
In poppa il tesabase va lascato per permettere alla vela di fare “sacco”, in questa andatura si deve esporre tela il più possibile, lascando la scotta, agganciandosi, in senso vero, al vento.
Il Vang:
regolazione che di bolina è importantissima, anche se c’è chi non se ne curi.
A meno che non esista il trasto, permette di mantenere l’orientamento dei profili controllando lo svergolamento della vela, e la chiusura della balumina, combinandosi con l’azione della scotta la quale regola solo l’incidenza al vento della randa.
Il Vang regola l’altezza del boma, quindi la distanza A-B della vela, così da decidere la tensione della balumina.
Cazzando il vang, la balumina si tende, in quanto A-B non può allugarsi in A-B’, quindi il carico tenderà a chiudere la balumina e a incurvare l’albero, nel caso che questo sia sufficentemente flessibile.
Lascando il vang la balumina si apre e fa scaricare aria nella sua parte alta. Questo succede perché lascando, il boma si solleva, l’accorciarsi della distanza A-B permette alla balumina di incurvarsi, facendo esporre la parte alta della vela con una incidenza inferiore al vento.
Questo permettendo, con molto vento, di scaricare più aria diminuendo lo sbandamento o di adattare i profili alti alla diversa direzione del vento apparente.
Il diverso orientamento dell’apparente e dovuto alla differnte velocità del reale, fra il pelo libero dell’acqua e pochi metri più in alto.
La flessione dell’albero che si determina con il cazzare del vang, permete tramite l’addattamento al giro d’albero che il velaio ha dato alla vela, di controllare ulteriormente la posizione del grasso.
Vedremo però che proprio per questo l’albero dovrà gia essere incurvato con una precompressione in fase di armo dell’imbarcazione.
In poppa il vang è altrettanto importante, in quanto non permette al boma di sollevarsi sotto le raffiche e così di creare pericolosi sbilanciamenti della barca, che in poppa si trova sempre nelle condizioni di peggior governabilità. Diremo che per un neofita, il vang sarà apprezzato sopratutto su questa andatura.
Trasto:
è una rotaia trasversale che sposta il punto di scotta della randa sopra e sottovento, permettendo il mantenimento della forma della vela a qualunque angolazione del boma.
Il trasto è indispensabile per gli armi privi di vang, infatti con il punto di scotta al centrobarca, quando laschiamo la scotta, il boma oltre che portarsi all’esterno verso la mura, tenderà ad alzarsi, in quanto privo di trazione verso il basso. In questo modo la randa svergola e non è più possibile controllarne l’orientamento su tutta la sua superficie.
Se invece il punto di scotta può spostarsi sottovento, la trazione della scotta potrà tenere regolata l’apertura della balumina.
A fronte di questo ragionamento, il vang sarà poi indispensabile ove appunto il trasto non esiste.
Carrello della scotta della vela di prua:
mentre la randa è legata al boma per mezzo della bugna che non si può sollevare se non grazie all’allentamento del vang, per il genova o il fiocco, la bugna è libera, oltre che avanzare e arrettrare, di sollevarsi e abbassarsi.
Per controllare queste sue posizioni, il punto di scotta della vela di prua si può muovere in avanti e indietro tramite un carrello su rotaia e combinando questo movimento con il cazzare e lascare la scotta si modifica la forma della vela e la sua esposizione alle differenti altezze.
Nelle andature laminari anche sulla vela di prua dobbiamo verificare almeno in tre posizioni la laminarità del flusso di aria.
Tutti i filetti posizionati nel primo tratto della vela, non lontani dallo strallo, su tre altezze differenti, dovranno essere ditesi.
Se tendenzialmente il più alto sopravento tende a rifiutare prima degli altri, vuol dire che il punto di scotta si trova troppo a poppa, e quindi il carico della tensione della scotta agisce più sulla base che sulla balumina della vela.
Viceversa se il punto di scotta fosse troppo avanzato, pur non accorgendocene dai filetti, noteremmo pungere la randa, in quanto la chiusura della balumina del genova preme l’aria sottovento alla randa, verificheremmo poi un eccessivo grasso alla base della vela.
Aprire la balumina in alto serve per diminuire lo sbandamento come per la randa , mentre aumentare il grasso in basso può servire ad acquisire piu potenza per superare onda corta e battente in prua.
Per migliorare il rendimento della vela di prua, si usano anche i Barber, che sono manovre che tramitepastecche ( bozzelli scomponibili), armate sulle scotte spostano il punto di scotta in dentro o in fuori, aumentando ulteriormente la possibilità di regolazione della vela.
Punto di scotta spostato verso centro
Punto di scotta avanzato
Caricabasso:
è un paranco di tessile, fatto per cazzare in basso il boma, nell’eventualità non esista il cunningham o non si possa tesare la drizza.
Il boma ha la trozza fissata su di un carrello che scorre sull’albero.
L’attrezzatura da spinnaker e da jennaker
Per lo Spinnaker il glossario è il seguente:
- tangone
- scotta
- braccio
- carica basso
- carica alto
- varea
- campana
- doppie manovre
- barber
Il tangone è il buttafuori che permette di sopraventare la vela e toglierla dalla copertura della randa, incocciato all’albero. Solitamente tramite una varea, (gancio particolare), nelle barche sotto i 9 metri di lunghezza, o con una campana (incastro di questa forma), se la barca è più grande.
La scotta regola lo scarico e l’orientamento della vela, il braccio ne regola l’esposizione al vento. Strallare significa avvicinarne la sua bugna allo strallo, quadrare significa portarla in direzione del traverso dell’imbarcazione. Il tangone deve stare in posizione perpendicolare alla direzione dell’apparente. Il boma durante la navigazione sotto spi deve di norma posizionarsi come prolungamento del tangone.
Il basso serve a non permettere allo spi di sollevarsi, ma di mantenere la forma della balumina d’ingresso.( Lo spi ha due balumine che si alternano sopra e sotto vento). L’alto invece sostiene il tangone sia nelle manovre in cui si svincola dalle bugne, che nei casi in cui la pressione del vento non riesca a sostenerlo.
Il barber serve a controllare e spostare il punto di scotta della scotta o del braccio, come nel caso visto per il genova.
La doppia manovra serve, nelle barche più grandi, per avere incocciato il braccio e la varea indipendentemente su tutte le andature, in modo da non non dover operare su cime in tensione, che con grandi superfici veliche sarebbe impossibile per ovvi problemi di forze in gioco. Si cazzerà una cima o l’altra, come scotta, a seconda che ci troviamo con la mura a destra o sinistra.
Manovre del jennaker
Il jennaker ha la particolarità di aver armato entrambe le scotte sulla stessa mura come un genova, ma all’esterno dello strallo e della vela stessa.
Il punto di mura sarà poi staccato di una certa lunghezza dalla prua della barca, questa misura sarà in funzione del taglio e la forma che il velaio ha dato alla vela.
Inoltre, dato che un jennaker è solitamente armato su un bompresso o un tangone prominente oltre la prua, potrà esser utile spostare sopra vento o sottovento il punto di bugna, con l’ausilio di bompresso mobile.
Nel caso che ciò non sia possibile, allo spostamento sottovento del tangone si può ovviare mollando leggermente, nelle nadature più strette, la cima che tiene la bugna, facendola sollevare. E’ una manovra non molto ortodossa, che però permette a volte di guadagnare quei pochi gradi necessari.